All’interno della singola istituzione scolastica la RSU ha il ruolo di salvaguardare i diritti sindacali dei lavoratori e di arginare tutti quei comportamenti datoriali che potrebbero limitare le libertà sindacali. Prima di tutto essa si attiva per tutelare i lavoratori, vigilando a che il contratto collettivo sia correttamente applicato. La sua specifica azione dovrebbe in effetti pacificamente determinarsi in una situazione di confronto reciproco e dialogo costruttivo con l’altra parte chiamata in causa, rappresentata dal datore di lavoro, cui compete al contrario, il rispetto assoluto dei diritti sindacali. A sostegno di quanto affermato è intervenuto l’art.28 dello Statuto dei lavoratori, Legge n.300 del 1970, che disciplina proprio le norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro; il citato articolo sancisce infatti che “qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti”. Con ciò si intende dunque sanzionare un qualsiasi comportamento antisindacale che non rispetti proprio la disciplina del rapporto di lavoro, definita all’interno del CCNL, e che ponga in essere un’azione dichiaratamente in conflitto con i diritti soggettivi dei lavoratori.
In specie nella scuola dell’autonomia la RSU assume un ruolo strategico, poiché la sua azione, in difesa dei diritti dei lavoratori, ha lo scopo di essere complementare alla scelta di un modello organizzativo più confacente al contesto scolastico in cui si agisce e meno gravoso sugli obblighi spettanti ai lavoratori nell’esercizio della loro funzione. A ciò si aggiunga che la RSU, nello svolgimento dei suoi compiti, può avvalersi di specifici dispositivi, previsti nel CCNL vigente, ossia l’informazione preventiva e quella successiva, la contrattazione integrativa che diventano mezzi idonei ad assicurare il principio generale della trasparenza e regolarità amministrativa. E’ infatti in virtù dell’art.6, comma 2 del CCNL vigente che è possibile esercitare tali relazioni sindacali.
Peraltro, come è ormai noto, il D.Lgs. n.150 del 2009, attuazione della Legge n.15 del 2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, ha novellato attraverso l’art.54, l’art.40, rubricato “Contratti collettivi e integrativi” del D.Lgs. n.165 del 2001, sostituendo i commi da 1 a 3-sexies. Il nuovo articolo 40 volendo utilizzare una definizione ricavata dalla Circolare n.7 del 13 maggio 2010, emanata dal Dipartimento della Funzione pubblica e sottoscritta d’allora Ministro Brunetta, “ribadisce innanzitutto il carattere di “doverosità” della contrattazione integrativa, ma anche la sua “fisiologica” finalizzazione all’obiettivo del conseguimento di “adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici”. In effetti l’art. 54 del D.Lgs. 150 del 2009, pur introducendo elementi di novità finalizzati ad incentivare l’impegno e la qualità della performance anche individuale, afferma che “le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa” e che “essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. I contratti collettivi nazionali definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata. Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione” (comma 3bis, art.40, D.Lgs. n.165 del 2001). Tali assunti confermano che la contrattazione integrativa, nonostante le modifiche apportate dal Decreto 150/2009, è un dispositivo di cui le amministrazioni, ai sensi dell’art. 1 comma 2 del D.Lgs. n.165 del 2001, dispongono, per determinare anche in sede decentrata, un modello organizzativo di gestione dei “diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro”, che sia comunque rispettoso della contrattazione collettiva nazionale.
Non è ultroneo sottolineare che il D.Lgs. n.141 del 2011 ha fornito attraverso l’art.5, una interpretazione autentica dell’art.65 del D.Lgs. n.150 del 2009, disciplinando l’”Adeguamento ed Efficacia dei contratti vigenti”. L’art.65 così riporta: “Entro il 31 dicembre 2010, le parti adeguano i contratti collettivi integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto alle disposizioni riguardanti la definizione degli ambiti riservati, rispettivamente, alla contrattazione collettiva e alla legge, nonché a quanto previsto dalle disposizioni del Titolo III del presente decreto” (comma 1); “In caso di mancato adeguamento ai sensi del comma 1, i contratti collettivi integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto cessano la loro efficacia dal 1° gennaio 2011 e non sono ulteriormente applicabili (comma 2); “Le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si applicano dalla tornata successiva a quella in corso” (comma 5). L’interpretazione autentica dell’art.65 stabilisce che “l’adeguamento dei contratti collettivi integrativi è necessario solo per i contratti vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, mentre ai contratti sottoscritti successivamente si applicano immediatamente le disposizioni introdotte dal medesimo decreto”; il comma 5 dell’art.65 non lascia dubbi sul fatto che le disposizioni contenute nel D.Lgs. 150/2009 si applicano nella tornata contrattuale successiva.
Al momento rimangono inalterate le modalità di relazioni sindacali sottoscritte all’interno del CCNL 2006-2009 e pertanto le materie di informazione preventiva annuale, indicate rispettivamente nell’art.6 del contratto citato, lettere a), b), c), d), e), f), g) sono ancora vigenti in virtù del fatto che il rinnovo contrattuale non ha ancora avuto luogo. Si precisa che dall’emanazione del D. Lgs. 150 del 2009 le materie di contrattazione integrativa espresse nell’art.6 lettere h), i) ed m) sono state anche oggetto di disamina giurisprudenziale a causa del rifiuto di molti dirigenti scolastici di trattarle come specifiche materie di contrattazione dopo il sopravvento del decreto 150.
La RSU ha quindi pieno e legittimo diritto ad ottenere tale informazione preventiva. L’omissione da parte del datore di lavoro di fornire, in modo tempestivo e congruo, tale informazione delinea una condotta antisindacale perché viene a ledere “gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali”.
A proposito si rammenti un decreto del Tribunale di Lucca n.1075 del 2011 il quale conferma quanto sopra detto “che per integrare gli estremi di una condotta antisindacale di cui all’art.28 dello Statuto dei Lavoratori (legge n.300 del 1970) è sufficiente che il comportamento controverso leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, in particolare con riferimento alle condotte tipizzate, consistenti nell’illegittimo diniego di prerogative sindacali contrattualmente riconosciute (vedi Cass. Civ., sez. lavoro, 22/04/2004, n.7706; Cass. Civ., Sez. lavoro, 22/02/2003, n.2770)”.
Prima dell’avvento del D.Lgs. n.150 del 2009, tale questione era stata affrontata in modo più acuto dal Tribunale di Sciacca con sentenza n.599 del 12 luglio 2005, proprio sulla materia relativa alla informazione preventiva sugli organici alla RSU; il Dirigente di una istituzione scolastica non aveva infatti soddisfatto la richiesta delle organizzazioni sindacali di conoscere preventivamente la proposta di formazione dell’organico, avendo invece comunicato direttamente l’organico approvato. Infra alla sentenza si legge “poiché la normativa in materia distingue fra proposta di formazione delle classi e proposta di determinazione degli organici, si deve ritenere che ciascuna proposta debba essere separatamente e specificamente sottoposta alla preventiva valutazione del sindacato (pena il privare la previsione contrattuale della sua ragion d’essere)”.
In ultimo si richiama anche l’Ordinanza 76 del 10 maggio 2011 del Tribunale di Oristano che ha riconosciuto espressamente la condotta antisindacale di alcuni dirigenti che avevano escluso “dalla contrattazione integrativa di istituto le materie contemplate alle lettere h) i) ed m) dell’art. 6 del vigente contratto collettivo nazionale di comparto, degradandole a materia di mera informazione preventiva”. Il giudice in tale occasione ha prestato attenzione anche alla volontarietà dell’azione dirigenziale che se individuata, determina una condotta antisindacale. Si legge infatti “non appare dubitabile che la condotta tenuta dai Dirigenti Scolastici, nel caso in esame, integri nella sua oggettività gli estremi della Condotta Antisindacale vietata dall’art.28 della legge n.300/1970. Ciò premesso si pone il problema di valutare l’elemento psicologico che ha sorretto tale condotta al fine di valutare se sia stata integralmente realizzata la fattispecie dell’art.28 della legge n.300/1970, sia sotto l’aspetto oggettivo della condotta sia sotto l’aspetto dell’elemento psicologico che ha sostenuto tale condotta. Sotto tale profilo osserva il tribunale che ad integrare gli estremi della condotta, non è necessario uno specifico intento lesivo del soggetto che pone in essere la condotta, ma è sufficiente la conoscenza di volontarietà dell’azione unita alla prevedibilità, secondo le regole dell’ordinaria diligenza, che tale condotta possa integrare la fattispecie vietata. Ciò posto osserva il tribunale che nel caso in esame, dalla documentazione depositata è emerso che i dirigenti scolastici che hanno rifiutato la contrattazione di cui è causa, hanno agito ossia con completa coscienza e volontarietà dell’azione, sia con la consapevolezza che tale condotta poteva integrare gli estremi della condotta antisindacale”.
Ad ulteriore riprova di quanto riportato dovrebbe tenersi a mente che sia l’informazione preventiva e successiva sia la contrattazione integrativa meritano di essere trattate con precise cadenze temporali, con dati oggettivi alla mano e che a tutt’oggi nulla sembrerebbe escludere quanto sancito all’interno dell’art.6 CCNL vigente.
Katjuscia Pitino