E’ stata pubblicata ieri, 11.12.2013, dalla sez. VI del Consiglio di Stato, l’attesa sentenza n. 5947/2013 con la quale è stata radicalmente ribaltata la decisione assunta in primo grado dal TAR territoriale del Molise che, come noto, aveva statuito l’annullamento della procedura concorsuale per DS espletata in Molise a causa della ritenuta fondatezza del vizio -caducante- sollevato in merito all’illegittimità del provvedimento di nomina della Commissione Esaminatrice.
Tanto, alla luce delle esternate e condivisibili seguenti motivazioni: “La ratio dell’art. 35, comma 1, lett. e), del d.lgs, n. 165 del 2001 è di evitare che siano componenti delle commissioni di concorso soggetti investiti di cariche comportanti il pericolo della deviazione del giudizio tecnico verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso.
Al riguardo questo Consiglio ha sottolineato che:
– l’interpretazione di questa normativa comporta la ponderazione dei due principi dell’imparzialità dell’azione amministrativa e della possibilità di accesso per tutti i cittadini agli uffici pubblici essendo necessario, perché il primo principio sia garantito senza sacrificio ingiustificato del secondo, il ricorso a criteri puntuali per l’applicazione dei divieti di partecipazione alle commissioni di concorso (Sez. VI, 1 giugno 2010, n. 3461; Sez. V, 27 luglio 2002, n. 4056);
– occorre, di conseguenza, che ricorra un “qualche elemento di possibile incidenza fra l’attività esercitabile da colui che ricopre cariche, politiche, sindacali o professionali e l’attività dell’ente che indice il concorso, altrimenti la disposizione verrebbe a generalizzare in modo eccessivo e senza adeguata giustificazione il sospetto di imparzialità anche nei confronti di soggetti che non gestiscano alcun potere rilevante e perciò non siano comunque idonei, sia pure da un punto di vista astratto, a condizionare la vita dell’ente che indice la selezione ” (Sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6526).
In questo quadro la norma in esame presuppone che tale incidenza non sussiste per i soggetti “che non siano” titolari delle cariche incompatibili affermandosi con ciò, anzitutto, la necessità che tale titolarità sia in atto, cioè “con la piena attribuzione delle relative funzioni….poiché soltanto con tale effettività diviene possibile l’incidenza sull’attività concorsuale delle funzioni rivestite, essendo la volontà o l’effetto di condizionamento assistiti dalla concretezza dei poteri azionabili.” (Sez. VI, n. 3461 del 2010, citata).
5.2. La particolarità del caso in esame consiste nel fatto che dalla documentazione in atti emerge che la dott.ssa [omissis] ha svolto funzioni di rappresentanza sindacale in periodo antecedente la sua nomina nella commissione di concorso ma, altresì, che tali funzioni erano cessate all’atto di questa nomina.
La dott.ssa [omissis] infatti, che aveva partecipato ai tavoli di contrattazione per la stesura dei contratti integrativi regionali dal 2002 “in qualità di iscritta” (come da sua dichiarazione in atti del 4 maggio 2012; documento allegato all’appello n. 407 del 2013), ha poi sottoscritto gli atti contrattuali “in nome e per conto della UIL Scuola Molise, fin quando la UIL Scuola ha goduto della rappresentatività dell’area V. Successivamente, revocata l’iscrizione della UIL Scuola, ha partecipato ai tavoli di contrattazione/informazione regionale in rappresentanza della FLC-CGIL” (doc. n. 5 della parte appellata nell’appello n. 9106 del 2012, a firma del Segretario regionale della UIL Scuola Molise del 12 giugno 2012), comparendo formalmente come componente della delegazione sindacale e come firmataria degli atti da parte sindacale nel verbale della contrattazione in data 20 ottobre 2008 e nei contratti stipulati il 23 novembre e il 16 dicembre del 2010 per gli anni 2009 – 2010 e 2010 – 2011 (doc. n. 6, n. 8 e n. 10 della parte appellata nell’appello n. 9106 del 2012).
Non risulta però che la dott.ssa [omissis] abbia esercitato tale funzione di rappresentanza dopo la citata stipula contrattuale del 16 dicembre 2010, riscontrandosi che l’ulteriore, successivo contratto integrativo in atti, antecedente alla data del 30 settembre 2011 di nomina della commissione di concorso, è stato sottoscritto il 22 marzo 2011 per conto della FLC – CGIL dal prof. [omissis] e che, dopo la detta nomina della commissione di concorso, il contratto integrativo di data 25 giugno 2012 è stato sottoscritto per conto della FLC – CGIL dalla prof.ssa [omissis], nominata il 17 maggio 2012 responsabile della struttura regionale di comparto dei dirigenti scolastici iscritti alla FLC – CGIL Molise (doc. 1, n. 3 e n. 2 del fascicolo della parte appellante).
Non sono dati quindi elementi di prova che la dott.ssa [omissis], oltre la data del 16 dicembre 2010, abbia continuato a svolgere funzioni di rappresentanza sindacale o ne sia stata investita, emergendo che tali funzioni sono state esercitate da altri soggetti per i contratti integrativi in atti stipulati dopo, neppure rilevando che i contratti in questione riguardino la materia della formazione professionale e non quella retributiva, cui è riferito il contratto del 16 dicembre 2010, a fronte del dato oggettivo dell’assenza per la dott. ssa [omissis] di ogni titolarità o forma di rappresentanza dopo quella assolta nove mesi prima della sua nomina nella commissione.
5.3. Per giungere allora all’accertamento dell’incompatibilità della dott.ssa [omissis] sarebbe necessario dimostrare la sua possibilità di incidere sul neutrale svolgimento del concorso non a causa della formale attribuzione o dell’esercizio in atto di un incarico di rappresentanza sindacale ma per il solo effetto della provata proiezione all’attualità dei rapporti costituiti in precedenza o della continuità delle funzioni di rappresentanza pur in assenza di indici formali.
Ciò non risulta per i seguenti motivi:
-a) quanto alla possibile proiezione all’attualità:
– l’articolo art. 35, comma 1, lett. e), del d.lgs, n. 165 del 2001 non stabilisce un periodo di cessazione dalla titolarità della rappresentanza sindacale soltanto dopo il cui decorso l’interessato può essere nominato componente di commissioni di concorso;
– essendo basato su una tale logica, ad esempio, l’art. 53, comma 1-bis, del medesimo d.lgs. n. 165 del 2001 (introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. a), d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), per il quale “Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni”;
– per cui, nella specie, non vi è ragione di ritenere che il periodo di nove mesi, intercorso tra la firma del contratto il 16 dicembre 2010 da parte della dott.ssa [omissis] e la sua nomina nella commissione di concorso, sia insufficiente ad evitare la proiezione all’attualità di una possibile capacità di incidenza dell’interessata potendosi ritenere, al contrario, che tale arco di tempo sia lungo abbastanza per inibire ogni attuale efficacia del ruolo dismesso;
– essendo comunque opinabile ogni tesi al riguardo, data la mancanza di una prescrizione normativa sulla durata del previo periodo di cessazione dalle funzioni o, per altro verso, della prova effettiva di una indebita influenza, per la quale non appare sufficiente il richiamo, fatto nella memoria difensiva degli appellati, della partecipazione al concorso di un rappresentante dell’organizzazione sindacale di cui si tratta, di per sé non vietata;
-b) quanto alla continuità delle funzioni pur in mancanza di indici formali, si osserva che:
– la citata disposizione dell’art. 35 non fornisce alcuna definizione o strumento interpretativo della nozione di “rappresentanza sindacale” cui riferire il divieto, a fronte della possibile individuazione di tale funzione variabile in concreto sulla base dello statuto ovvero dell’incarico conferito di volta in volta o permanente per settori o con altre forme ancora;
– cosicché la prova della continuità delle funzioni di rappresentanza deve risultare certa, per atti formali o fatti concludenti, che nella specie non risultano, potendosi di conseguenza ritenere che la dott.ssa [omissis] fosse soltanto iscritta all’organizzazione sindacale all’atto della nomina nella commissione, ciò che non è di per sé preclusivo dovendo valere a tale fine, secondo la norma, non la posizione di iscritto in forza dell’eventualità del conferimento delle funzioni di rappresentanza ma l’effettività di queste, pena altrimenti la lesione della libertà di associazione sindacale (Cons. Stato, Sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5572);
-c) non è quindi superabile, nel caso in esame, la prescrizione della norma per cui soltanto la piena attribuzione in atto, (“statutaria” ovvero, come nel caso, in base ad investitura per acta “concludenti”, adottati volta per volta, e conseguente ad una prassi dell’organizzazione), delle funzioni incompatibili, impedisce la nomina nelle commissioni di concorso, alla luce di un criterio di applicazione necessariamente puntuale dei divieti posti, come anche richiesto dalla giurisprudenza”.
Nondimeno, parimenti condivisibili appaiono altresì le ragioni esternate dal CDS con riferimento ad altre questioni, pure analiticamente scrutinate ed oggetto di analoghe censure frapposte in altri ricorsi sulla medesima procedura Concorsuale per DS ed attinenti ad altre Regioni ancora sub iudice :”-a) la mancata previa fissazione del termine di conclusione del procedimento concorsuale da parte della commissione, cui questa deve provvedere ai sensi dell’art. 11, comma 1, del d.P.R., non supera la soglia della mera irregolarità considerato che il comma 5 del medesimo articolo comunque prevede per tale conclusione il termine di “sei mesi dalla data di effettuazione delle prove scritte”; nella specie la seconda prova scritta si è svolta il 15 dicembre 2011 (come da “Avviso” dell’Ufficio scolastico regionale del 24 novembre 2011 e verbale n. 7 della commissione) e le prove orali si sono svolte il 17 aprile 2012 (nota del suddetto Ufficio del 15 marzo 2012 e verbale n. 15 della commissione), per cui risultano concluse entro il termine suddetto le operazioni concorsuali di valutazione dei candidati, alla cui celerità e certezza di conclusione deve ritenersi anzitutto funzionalmente volta la previsione del termine stesso, pervenendosi poi all’approvazione della graduatoria definitiva il 2 agosto successivo, il tutto dunque entro termini nel complesso adeguati, anche rispetto all’inizio del successivo anno scolastico, e perciò non tali da comportare vizio di illegittimità della procedura;
– b) la censura sull’individuazione della sede del concorso non è sostenuta dall’indicazione di alcun effetto lesivo per i ricorrenti, non essendo stato dedotto alcun potenziale o effettivo danno per l’imparzialità e trasparenza della procedura ad effetto del suo svolgimento nella sede prescelta; si osserva peraltro che l’art. 2 del bando di concorso non dispone specificamente che l’Ufficio scolastico regionale autorizzi la determinazione della sede di concorso, poiché l’Ufficio “cura l’organizzazione del concorso e vigila sul regolare e corretto espletamento della procedura concorsuale”, potendo quindi eventualmente opporsi all’individuazione di sedi che giudichi inidonee al corretto svolgimento della procedura, ciò che nella specie non risulta avvenuto;
– c) l’elaborazione dei criteri di valutazione delle due prove scritte e della prova orale è avvenuta il 1° dicembre 2011 (verbale n. 4), prima perciò dello svolgimento delle prove, risultando ciò del tutto corretto, avendo chiarito la giurisprudenza che la previsione, di cui all’art. 12 del d.P.R., della fissazione dei criteri di valutazione nella prima riunione delle commissioni “pone l’accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti”. È stata pertanto ritenuta legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la effettuazione di queste, purché prima della loro concreta valutazione”, cioè “della effettiva correzione e valutazione delle prove scritte.” (Cons. Stato, Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 8);
-d) il tempo occorso per l’elaborazione delle tracce delle prove scritte non appare incongruo in capo a una commissione composta da esperti, dovendosi in ogni caso osservare che una tale censura non può essere esaminata se non sia dimostrata una lesione effettiva della posizione dei ricorrenti a causa del procedimento di definizione delle tracce, in concreto svolto con pari effetto per tutti i concorrenti, ovvero sia provata l’elaborazione delle tracce al di fuori della procedura concorsuale;
– e) riguardo alle garanzie adottate per l’integrità degli atti concorsuali risulta che: le buste contenenti le tracce erano state chiuse in buste di cui la “candidata [omissis], dopo aver verificato l’integrità” provvedeva al relativo sorteggio (verbale n. 6); le buste degli elaborati della prima prova sono state chiuse in plico “sigillato sul quale i componenti della commissione hanno apposto la loro firma” e che le buste delle due prove, “tolte le etichette con il numero di riferimento, sono state raccolte in un unico plico che viene sigillato e sottoscritto dai componenti della commissione”, previo il controllo da parte di diversi candidati “dell’integrità del plico sigillato contenente le buste della prima prova” (verbali n. 6 e n. 8); la commissaria [omissis] ha preso in custodia il plico delle due prove per custodirle in cassaforte (verbale n. 8); nella riunione della commissione per la correzione delle prove si è anzitutto provveduto a constatare “la perfetta integrità” del plico contenente le prove (verbale n. 9); in tutte le riunioni successive della commissione sono verbalizzate procedure dello stesso tipo da cui emerge il riscontro della sigillatura in plico delle buste contenenti le prove, firmato dai componenti della commissione e quindi custodito in cassaforte (verbali n. 10, n. 11, n. 12 e n. 13);
-f) non vi è ragione, a fronte di ciò, per accogliere la censura di inosservanza delle regole di garanzia dell’integrità degli atti, che risultano correttamente applicate secondo l’attestazione resa in verbali fidefacenti;
-g) non inficia la legittimità della procedura il riscontro di un errore grammaticale nella stesura di una traccia, all’evidenza non idoneo a renderne incomprensibile o ambiguo il contenuto, non essendo ciò stato contestato durante le prove, e, comunque, essendo stato corretto l’errore all’atto della lettura della traccia (verbale n. 6); così come non rileva il numero dei fogli distribuiti, sempre comunque timbrati e siglati dal Presidente (verbali n. 6 e n. 8), essendo stato chiarito in giurisprudenza che “Ai fini dell’osservanza del principio di segretezza e di anonimato della prova scritta nei pubblici concorsi, è irrilevante il numero di fogli che il candidato richieda alla Commissione per svolgere il tema assegnatogli, avendo egli diritto ad ottenere tanti fogli quanto reputa opportuno a tal riguardo.” (T.a.r. Lazio, 15 luglio 2010, n. 26076; Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 1997, n. 1003); nei verbali si dà conto, infine, delle richiese di accesso ai servizi e relative modalità, del subentro di membri del comitato di vigilanza (verbale n. 8) ovvero delle esclusioni dal concorso (idem);
– h) rispetto all’avvenuta valutazione dei titoli dopo la correzione delle prove scritte, non consentita dall’art. 8 del d.P.R, si osserva anzitutto che la censura è inammissibile per carenza d’interesse, non essendo stati ammessi i ricorrenti alle prove orali e non essendo quindi parte della fase del procedimento cui la censura è riferita, e comunque, nel merito, che la collocazione della fase di valutazione dei titoli dopo le prove orali è stata stabilita in specifiche clausole del bando non impugnate (articoli 9 e 12);
– i) nell’articolo 10, comma 1, del bando è stabilito che “Sono ammessi alla prova orale coloro che ottengano un punteggio non inferiore a 21/30 in ciascuna prova scritta”, non risultando incoerente con questa prescrizione che non si sia proceduto alla correzione della seconda prova in caso di insufficienza della prima e non essendo quindi questa procedura viziata per illegittimità, poiché consentita dalla lex specialis e rispondente al fine della procedura concorsuale della selezione dei migliori nonché ad esigenze di economia procedimentale; conseguendo da ciò l’irrilevanza dell’eventuale riconoscimento dei candidati con insufficienza alla prima prova essendo per loro comunque conclusa la procedura;
– l) non risultando di conseguenza illegittimo che ciò abbia precluso alla Commissione una più ampia valutazione dei concorrenti, comunque non obbligata ai sensi del bando, recante anzi una prescrizione orientata secondo un principio contrario;
– m) sui tempi di correzione questo Consiglio ha chiarito che “Non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati; in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti; in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato. Inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati” (Sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 614);
– n) la censura dedotta sul procedimento di mancata garanzia dell’abbinamento tra i candidati e i rispettivi elaborati appare fondata sulla prospettazione di vizi ipotetici, a fronte di un procedimento di correzione che risulta accurato poiché svolto attraverso la correzione della prima prova con la connessa numerazione della busta piccola, recante l’identificativo che permane sigillato, con “analogo procedimento” per “le buste contenenti le prove di ciascun candidato”, venendo quindi attribuiti i punteggi secondo le schede valutative e il tutto sigillato e custodito in cassaforte (verbale n. 9);
– o) non può essere accolta, infine, la censura di eccesso di potere rispetto alla logica che ha ispirato i valori ponderali assegnati agli indicatori tenendo presente, quanto al valore dato alla “forma”, che accanto a tale indicatore sono stati previsti quelli, di valenza contigua, della “proprietà lessicale” (0,15) oltre che della “organizzazione espositiva” (0,15), potendosi inoltre supporre un livello medio elevato di qualità della forma da parte di candidati a posti dirigenziali, che non appare decisivo il ricorso al giudizio di “Adeguata” o “Sufficiente” rispetto a “Buona”, trattandosi di graduazioni non significativamente dissimili di un giudizio positivo, che la richiesta di una qualità elevata, asseritamente, eccessiva, non risulta incoerente con la finalità di una procedura concorsuale per l’accesso al ruolo impegnativo e delicato di dirigente scolastico, che il ricorso ai medesimi indicatori e descrittori per l’attribuzione, rispettivamente, della sufficienza o dell’insufficienza, appare logico, trattandosi di applicare i medesimi parametri di giudizio per valutare se si superi o meno la soglia della sufficienza, e che, infine, i ricorrenti non dimostrano puntualmente in cosa una diversa misurazione degli articolati valori specifici confluiti in un voto di sintesi avrebbe potuto modificare la loro collocazione concorsuale”.
Per le motivazioni sopra esposte, il CDS ha ritenuto esente dai vizi di legittimità sollevati in giudizio la procedura concorsuale per DS nella Regione Molise che, pertanto, è stata dichiarata legittima in ultima istanza dal Supremo Consesso Amministrativo.