Stabilizzazione personale precario della scuola: il Parere della Commissione Europea

 

Già oggetto di anticipazioni e commenti, è giunto il parere della Commissione europea sulla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Napoli in ordine alla compatibilità della legislazione nazionale sul precariato scolastico con i principi stabiliti dall’accordo europeo sul contratto a tempo determinato.

Com’è noto, sulla medesima questione anche la Corte Costituzionale non è riuscita a pronunciarsi, rimettendo il giudizio alla Corte Europea con ordinanza n.207/2013.

La questione è dunque apertissima.

Di particolare rilievo potrebbe dunque risultare il parere reso dalla Commissione Europea sulla controversia de qua.

Il Tribunale di Napoli ha chiesto alla Corte di pronunciarsi su sette quesiti, alcuni di carattere sostanziale, altri di carattere più tecnico-formale.

Senza la pretesa di affrontare in modo esaustivo tutte le questioni sottoposte, lo scrivente in questa sede si limiterà a sottolineare alcuni punti sui quali va soffermata l’attenzione dell’interprete.

 

1) Sul quesito in ordine alla compatibilità di una legislazione nazionale che autorizzi la conclusione di contratti a termine successivi con personale iscritto in un’apposita graduatoria per la copertura di posti vacanti nel settore della scuola senza porre alcun limite al numero di tali contratti  e  senza limitare la loro conclusione alla sola sostituzione di personale temporaneamente assente, la Commissione ha ritenuto “non obiettivamente giustificata”   “una legislazione nazionale che consente il rinnovo di contratti a tempo determinato non solo per la sostituzione di personale temporaneamente assente ma anche per la copertura di vacanze nell’organico del personale docente e ausiliario tecnico amministrativo della scuola statale in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, senza che vi sia alcuna certezza sul momento in cui tali procedure saranno espletate e, pertanto, senza prevedere criteri obiettivi e trasparenti per di verificare se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente ad un ‘esigenza temporanea reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito e necessaria a tal fine”.

 Ha tuttavia ritenuto di dover demandare al giudice nazionale la verifica di tali condizioni.

 

2) La Commissione ha preso atto che la legislazione italiana (in particolare l’art.97 della Costituzione) prevede il concorso per l’accesso alla pubblica amministrazione e ha ritenuto che tale previsione sia garanzia di trasparenza ed imparzialità.

Ciò non toglie – in tema di comparazione del regime riservato al lavoratore pubblico rispetto a quello privato- che pur nell’ambito di una diversa disciplina le misure previste per il settore pubblico “abbiano comunque un carattere equivalente, in termini di efficacia e capacità dissuasiva, a quelle poste in essere per il settore privato”.

Secondo la giurisprudenza” (prosegue la Commissione) “l’indennizzo concesso al lavoratore in caso di licenziamento senza giustificato motivo”  rientra nella nozione di retribuzione del lavoratore.

Tale indennizzo, destinato ad accordare al lavoratore quanto egli avrebbe dovuto ricevere se il datore di lavoro non avesse illegittimamente posto fine al rapporto di lavoro, viene infatti versato al lavoratore a motivo del lavoro svolto e che avrebbe continuato a svolgere in assenza di un licenziamento senza giustificato motivo ed è calcolato in base al salario ad esso spettante”.

Da quanto precede, la Commissione non può che dedurre che le conseguenze pecuniarie del licenziamento sono un elemento della retribuzione del lavoratore e che, in quanto tale, esse costituiscono una condizione di impiego rientrante nel campo di applicazione del divieto di discriminazione di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro”.

Potrebbe però ritenersi giustificato un diverso trattamento per il lavoratore assunto a termine in quanto il medesimo “non può infatti avere la stessa aspettativa di conservare nel tempo il proprio posto di lavoro che nutre il lavoratore assunto a durata indeterminata”.

Resta tuttavia il fatto che tale disciplina, per essere conforme all’accordo quadro, deve essere comunque sufficientemente effettiva e dissuasiva per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro, non meno favorevole della disciplina di situazioni analoghe di natura in tema e tale da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario”.

 

3) Sulla possibilità del legislatore di intervenire in maniera retroattiva (con l’adozione del decreto legge n. 70/2011 che esclude il settore della scuola dal campo di applicazione della disciplina generale sulla conversione del contratto a termine illegittimo) la Commissione, pur riconoscendo in linea di principio un certo margine di apprezzamento allo Stato, ha ricordato che tale possibilità è concessa solo in presenza di “motivi imperativi”.

Tra essi non possono però essere annoverate “ragioni di carattere puramente finanziario” le quali  “non costituiscono, di per sé e salvo casi estremi, motivi imperativi di interesse generale sufficienti”.

Certamente, la giustificazione fornita dal legislatore nel testo del decreto (“necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato”), non può essere considerata idonea, in quanto – com’è noto – il MIUR ricorre a “supplenze” anche per posti vacanti in organico, dunque quando non si verifica alcuna assenza.

La Commissione ha eufemisticamente concluso: “sul carattere oggettivo di tale giustificazione si possono tuttavia nutrire fieri dubbi”.

 Avvocato Francesco Orecchioni