Lo scopo di queste note non è alimentare conflitti visto che siamo già in guerra contro il coronavirus, ma è piuttosto quello di fornire elementi di riflessione utili anche per chi chiede a noi docenti, con note formali e/o informali, di apporre la firma sui registri elettronici anche durante la attuale sospensione delle attività didattiche
Pur tenendo conto che in una emergenza inedita come questa, come è normale, spesso si naviga a vista, è necessario ragionare ed arrivare a conclusioni da far presente ai dirigenti scolastici che sono investiti di un ruolo e di poteri che non sono cresciuti o cambiati ora.
Le recenti prese di posizione dello stesso Ministro Azzolina chiariscono che, parlando della responsabilità attuale dei dirigenti scolastici, l’orizzonte resta il principio costituzionale del diritto allo studio e che l’apparato normativo non può che essere quello già presente nelle quotidianamente nelle nostre scuole.
Le note MIUR sin qui emanate, a firma della dott.ssa Boda e del dott. Bruschi, confermano questa impostazione.
Come è regolata la firma e a cosa serve firmare?
La materia della compilazione dei registri è regolata da norme non recentissime ma pur sempre vigenti e le indico al solo scopo di consentire, a chi lo voglia, di studiare e approfondire.
Per il registro di classe : art. 41 del R.D. n.965 del 1924, in cui si legge“ogni professore deve tenere diligentemente il giornale di classe, sul quale egli registra progressivamente, senza segni crittografici, i voti di profitto, la materia spiegata, gli esercizi assegnati e corretti, le assenze e le mancanze degli alunni”.
La prima semplice osservazione è che attualmente in tutta Italia le attività didattiche sono sospese.
Basterebbe questo a far capire che firmare significherebbe affermare il contrario e cioè che ci sono attività didattiche in presenza in atto, contravvenendo così ad un provvedimento (DPCM 9/3/2020) che ha stabilito il contrario.
Lo stesso DPCM ha introdotto, però, una assoluta novità che non è regolata da alcuna norma e cioè la cosiddetta “didattica a distanza” (d’ora in poi DAD).
Non solo non è normata ma è pesantemente condizionata da limiti, anche tecnologici, soggettivi ed oggettivi in grado di limitarla o addirittura vanificarla.
In conseguenza di questi limiti, perciò, la prestazione del docente potrebbe, perfino, essere impossibile e la saggezza ci ricorda che ad impossibilia nemo tenetur.
Non è solo saggezza, è anche il Codice civile all’art.1256 che regola anche il nostro lavoro.
La DAD è, comunque, una novità che, allo stato, è l’unica in grado di garantire, ad un certo grado e con limiti certi, il diritto allo studio previsto dall’art. 34 della nostra Carta costituzionale.
Potremmo mai essere anche solo oppositivi rispetto a quello che è, insieme alla libertà di insegnamento, il precetto costituzionale di riferimento per un docente?
La domanda è retorica e quindi vado avanti.
Come si concilia, però, la nostra sicura scelta di garantire il diritto allo studio nelle forme possibili col rigetto della firma?
Con una considerazione semplice (per ora non di carattere giuridico) e cioè che una “guerra” non si combatte stressando i combattenti fra i quali, sicuramente , ci siamo noi docenti.
Perché stressarci con un adempimento burocratico illogico e non privo di rischi anche solo teorici?
Passando, perciò, a considerazioni di contenuto più strettamente giuridico, la innovazione della firma durante la sospensione delle attività didattiche è un evidente nonsenso come già scritto ma non è l’unico argomento.
Faccio riferimento ad un reato che è il falso ideologico art. 479 C.P. (codice penale).
Il reato si commette attestando su un atto pubblico (registro di classe) come avvenute in presenza del pubblico ufficiale (l’insegnante) circostanze o situazioni non corrispondenti al vero.
Esempio: sono su Skype, lo studente spegne la webcam, mi scrive in chat la risposta ad una domanda ed io attesterei qualcosa che non è avvenuta né in mia presenza né attraverso un controllo visivo sia pure a distanza.
E se, ad esempio, a scrivere è la mamma anziché lui?
Altro esempio: durante la DAD non funziona la connessione ed io registro, con la firma, di aver effettuato un assegno o svolto una videolezione alle ore 11,00 (la mia ora teorica) mentre l’operazione è avvenuta materialmente alle 14,00.
E’ evidente il diverso peso che avrebbe la semplice annotazione magari nella sezione “Agenda” rispetto alla annotazione formale , corroborata dalla firma , nella sezione del registro di classe in versione elettronica.
Ancora si sente parlare di “valutazione” a distanza.
Tralasciando le considerazioni pedagogiche (non è il focus di queste note) qui siamo veramente alla follia.
Perché esisteranno pure le Università telematiche ma al momento per la scuola non c’è alcuna norma, nemmeno per analogia, che garantisca procedure certe e non attaccabili sul piano giuridico.
Un passaggio rapido relativo ad alcune sentenze sul tema.
Secondo sentenze diverse della Cassazione il registro di classe “in quanto posto in essere dal pubblico ufficiale nell’esercizio della sua pubblica attività (è) destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti, costitutivi di diritti e obblighi attraverso la quotidiana annotazione della presenza”.
Esso, ancora, “raccoglie i dati essenziali relativi alla vita della classe nelle sue tappe di percorso giornaliero e costituisce per gli insegnanti mezzo quotidiano, immediato, di comunicazione reciproca e nello stesso tempo testimonianza “.
Come è possibile, alle condizioni date dalla attuale DAD, garantire tutto ciò?
Dove nasce allora il corto circuito?
Dai cosiddetti registri elettronici che non hanno, allo stato, funzione diversa dai registri cartacei ma consentono di operare anche da remoto e a distanza.
L’asino casca qui.
Se, infatti, ci fossero i registri cartacei sarebbe anche materialmente impossibile apporre alcuna firma perché se è vero che le scuole sono aperte le stesse hanno, altrettanto inequivocabilmente, le aule vuote e senza attività in corso e nessuno, a meno di voler commettere il reato di falso ideologico, potrebbe attestare il contrario.
Non solo: ma ci fossero i registri cartacei e ci recassimo a firmarli lì dove sono violeremmo sicuramente la norma che ci obbliga ad uscire solo in caso di necessità.
Alla obiezione della “esistenza” (si capiranno le virgolette leggendo il seguito) dei registri elettronici basta opporre un altro dato che smentisce la vulgata della loro attuale obbligatorietà.
Lo si evince dal D.L. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, che aveva introdotto, per le istituzioni scolastiche e i docenti, l’obbligo di dotarsi di registro elettronico a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013, prevedendo che il Ministero di Istruzione, Università e Ricerca predisponesse entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto un piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative.
Lo sviluppo di tale piano richiedeva un intervento dell’Autorità Garante della Privacy.
Ad oggi non c’è nulla di tutto questo.
La conclusione?
Che scelta è far apporre una firma a rischio del falso ideologico su un registro peraltro non obbligatorio?
E’ una scelta illogica, improduttiva e, come ho cercato di spiegare, in ultima analisi illegittima.
Non servono gli ukase per combattere il coronavirus.
Basta il buonsenso ed il rispetto delle norme esistenti.
Prof. Franco Labella