Ruolo del Collegio dei docenti negli Istituti Comprensivi

 

La normativa di riferimento rinvia all’art.7 del D.Lgs. n. 297 del 16 aprile 1994, Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, che disciplina i poteri deliberanti, propositivi e valutativi spettanti all’organo suddetto; si tratta di competenze precedentemente fissate nel D.P.R. n. 416 del 1974 che sono rimaste inalterate benché sia sopravvenuta l’emanazione del T.U. citato.

Il Collegio dei docenti rappresenta l’organo tecnico dell’istituzione scolastica, è risaputo che sia il luogo in cui si assumono le coordinate della progettazione pedagogica e didattica che si esprimono successivamente nel Piano dell’offerta formativa, il documento dell’identità culturale e progettuale della scuola, interamente elaborato dall’organo in questione; il collegio è il centro propulsore dal quale prendono vita e si concretizzano tutte le iniziative di adeguamento della programmazione educativa, di aggiornamento dei docenti, di sostegno agli alunni portatori di handicap e di recupero per lo scarso profitto degli alunni.

Alla luce dell’autonomia scolastica il Regolamento recante norme in materia,  D.P.R. n. 275 del 1999, all’art.16 comma 1 afferma che “gli organi collegiali della scuola garantiscono l’efficacia dell’autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne definiscono competenze e composizioni”.

Tuttavia, se non risultano nuove le competenze spettanti a tale organo, così come disciplinate dal D.Lgs. n.297,  di non minore importanza appare la fisionomia che esso è venuto ad assumere sin dagli anni Novanta, con la costituzione degli Istituti Compresivi, in forza della Legge n. 97 del 1994 che ha suggellato la riunione in un’unica istituzione dei tre ordini di scuola, infanzia, primaria e secondaria di I grado e ha dettato disposizioni almeno inizialmente per le zone di montagna. La costituzione degli istituti comprensivi è stata poi generalizzata con la Legge n. 662 del 1996 art.1 comma 70 e sappiamo, di recente, quali siano stati gli effetti apportati dalla Legge n.111 del 2011 di conversione del D.L. n.98 del 2011.

Ciò premesso, l’apparizione degli istituti comprensivi sin dall’emanazione della Legge 97,  ha portato alla ribalta, negli anni successivi, la proliferazione di Circolari Ministeriali con il quale il legislatore ha inteso fornire indicazioni e orientamenti da seguire sul funzionamento dei neo-istituti. Le CC.MM. n. 454 del 1997 e n. 352 del 1998 si muovono nell’ottica di guidare l’assetto delle dinamiche di gestione e di verticalizzazione formatesi nelle nuove realtà istituzionali.

Gli aspetti ordinativi delle nuove norme, dettate in virtù della regolamentazione dei nuovi istituti , vengono ad incidere anche sul ruolo degli Organi collegiali, in specie sulla fisionomia del Collegio dei docenti, il quale sarà disciplinato nella successiva O.M. n.267 del 1995, trasmessa con la C.M. n. 268 del 1995.

L’Ordinanza citata all’art. 3 afferma che “viene istituito un unico collegio dei docenti per la nuova istituzione verticalizzata, articolato in sezioni per ciascun ordine di scuola presente nella nuova istituzione”. L’articolazione in sezione per ciascun ordine di scuola ha il beneficio non solo di economizzare i tempi delle sedute del Collegio Unitario, ma viene a salvaguardare almeno in parte, l’autonomia dell’ordine interessato che può disporre di maggiori spazi decisionali e di riflessione, pur sempre nel rispetto degli indirizzi generali fissati dal Consiglio di Istituto e a condizione di non bypassare le prerogative decisionali spettanti al Collegio Unitario.

Al riguardo non è superfluo il fatto che la C.M. 268 sottolinei, a proposito del funzionamento del Collegio dei docenti, che esso “viene convocato per sezioni quando siano da valutare problematiche specifiche di uno dei settori scolastici compresi nella nuova istituzione, ed in tal caso le relative deliberazioni hanno valenza circoscritta agli stessi ambiti settoriali, come, ad esempio, per la programmazione dell’azione formativa nonché per la connessa valutazione periodica volta a verificare l’efficacia dell’attività didattica in rapporto agli obiettivi programmati, per l’adozione dei libri di testo, per le iniziative di sperimentazione metodologica che siano limitate alle classi di un solo settore di istruzione”.

Il Collegio di sezione è quindi un valido dispositivo attraverso cui la volontà espressa dall’ordine interessato può trovare una migliore confluenza all’interno delle decisioni da assumere e deliberare nel Collegio Unitario. La ratio della Circolare 268 e dell’O.M. 267 è quindi quella di porsi sempre a tutela di un migliore assetto organizzativo dell’istituto verticalizzato, ponderando adeguatamente e con tempi più distesi tutte le iniziative di coordinamento pedagogico e didattico, nonché quelle di sperimentazione. Così operando, le decisioni intraprese in ciascun ordine interessato, risulterebbero infatti del tutto rispettose delle diverse prospettive,  pur sempre in sintonia con gli indirizzi generali, e gli aspetti organizzativi, pedagogici e didattici, sottoposti a delibera unitaria, sarebbero meglio motivati.

Ciò non di meno accade che la prassi consolidata negli Istituti Comprensivi propenda esclusivamente sull’attivazione di un Collegio dei docenti Unitario, cosicché spesso specifiche problematiche, inerenti un determinato ordine di scuola, siano sottovalutate dai restanti ordini e siano oggetto di delibere del tutto prive di motivazioni razionali, venendo così, ad inficiare nelle decisioni prese, la fisionomia dell’ordine interessato ed incidendo negativamente sulla specificità dell’Istituto Comprensivo che è quella di costruire un rapporto di collaborazione verticalizzata.

Il collegio di sezione, preparatorio ed istruttorio di tematiche specifiche, permetterebbe di superare l’impasse di dover assumere decisioni avventate che potrebbero avere ripercussioni su tutto l’organo deliberante.

E’ raro comunque imbattersi su questa articolazione per sezioni poiché molto spesso vi è un interesse latente ad ottimizzare i tempi, rendendo più veloci e prive di discussioni le delibere dell’organo. Ad ogni buon conto è bene ricordare che il Collegio è sovrano e che le componenti, qualora non fossero nelle condizioni di assumere decisioni estemporanee o comunque al di fuori degli interessi specifici legati al proprio ordine, potrebbero almeno tenere presente che l’art. 37 comma 3 del D.Lgs. 297 del 1994 dispone che “ le deliberazioni sono adottate a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi” e quindi, ove non in condizione di esprimersi a favore o contro una determinata proposta, possono legittimamente astenersi, non incidendo di conseguenza sul conteggio dei voti.

Tale orientamento non può dirsi anomalo giacché una Sentenza del Consiglio di Stato, sez. 4°, n.7050 del 4 novembre 2003 così dispone “La regola dell’astensione del componente dalle deliberazioni assunte dall’organo collegiale, di cui fa parte, deve trovare applicazione in tutti i casi in cui egli, per ragioni di ordine obiettivo, non si trovi in posizioni di assoluta serenità rispetto alle decisioni da adottare di natura discrezionale. Il giudizio sull’interesse del soggetto tenuto ad astenersi è necessariamente prognostico e l’obbligo di astenersi diventa attuale allorché il soggetto “interessato” è messo in condizione di conoscere che l’atto deliberativo lo riguarda direttamente”.

Katjuscia Pitino