Oggetto: Documento di orientamento per il funzionamento degli istituti comprensivi della scuola materna, elementare e media.
1. Un approccio concreto alla innovazione
Gli istituti comprensivi, che aggregano sotto il profilo organizzativo e gestionale le scuole materne, elementari e medie di un medesimo contesto territoriale, sono sorti nel 1994, nell’ambito della Legge n.97 per la tutela delle zone di montagna. In appena tre anni di funzionamento, a partire dall’a.s. 1995/96, essi si sono arricchiti di un valore «aggiunto», in connessione con le nuove prospettive di riforma, in particolare con la proposta di riordino dei cicli e con l’attuazione dell’autonomia scolastica.
Va precisato che sono al momento funzionanti 541 istituti comprensivi e che un progetto di ricerca-azione coinvolge 22 istituti comprensivi sperimentali, impegnandoli in uno specifico itinerario di studio e approfondimento.
Lo scopo del presente documento di orientamento è quello di mettere a disposizione degli istituti comprensivi, nonché dell’intero sistema formativo di base, i primi esiti dei progetto denominato «L’Istituto Comprensivo Sperimentale: laboratorio per l’innovazione».
Molteplici sono i motivi di attualità degli istituti comprensivi. Il riferimento più immediato è alle prospettive dei riordino complessivo dei cicli e all’idea di un percorso formativo coerente e unitario che ne sta alla base. L’istituto comprensivo, che già oggi è chiamato a gestire la formazione dei ragazzi dai 3 ai 14 anni di un medesimo territorio, anticipa l’esigenza di un superamento di ordini e gradi scolastici separati, in vista di una condivisa progettualità educativa e didattica. Esso segna una tappa importante verso una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti e dei docenti nei confronti degli alunni e delle loro famiglie, in quanto la presenza di un allievo per molti anni, a volte anche per undici, nella stessa istituzione scolastica favorisce lo sviluppo di rapporti educativi più profondi e la condivisione di responsabilità del successo e insuccesso scolastico da parte di tutti i gradi di istruzione coinvolti.
E’ pur vero che la scuola verticale non coincide strettamente con il ciclo primario (6-12 anni) ipotizzato nel disegno di legge dei Governo sul riordino dei cicli (luglio 1997), ma i motivi ispiratori sono largamente comuni. Comuni possono risultare la scansione del curricolo in bienni didattici, entro cui distendere con maggiore «agio», diversità di ritmi e di stili di apprendimento, e l’attenzione al biennio 5a-6a classe, di grande interesse sia per la messa a punto di compiti formativi orientati al consolidamento delle competenze di base e alla differenziazione degli approcci disciplinari, sia per le implicazioni sul piano dell’organizzazione degli interventi dei docenti (per ambiti o macro-aree disciplinari, per team integrati con insegnanti di diversa provenienza).
E’ evidente, inoltre, che l’ipotesi di un’ulteriore estensione dell’obbligo scolastico, in fase di avanzata discussione parlamentare, pone sul tappeto nuove questioni, come quelle dei successo scolastico, dell’orientamento e dell’integrazione tra esperienze formativi di diversa collocazione istituzionale. Agli istituti comprensivi, molti dei quali collocati in contesti geografici e sociali particolari, è richiesto di contribuire al rafforzamento dell’offerta formativa, a partire da un miglior collegamento tra l’attuale scuola media e i primi anni della scuola superiore. Utili contributi in tale direzione possono provenire dai materiali elaborati nell’ambito dei progetto Orientamento sperimentato in quarantadue scuole medie con il coordinamento della Direzione Generale dell’istruzione di 1° grado.
Anche il recente Documento dei Saggi (marzo 1998), sottoposto a consultazione in tutte le scuole dei paese, che propone una ricognizione sui saperi fondamentali che dovrebbero caratterizzare un ideale curricolo per una scolarità obbligatoria di base di almeno 10 anni, si presenta di estremo interesse per gli istituti comprensivi, poiché fornisce ad essi un solido quadro di riferimento entro cui sviluppare la ricerca di un curricolo unitario, verticale e coerente. A tal fine possono risultare di notevole utilità le prime indicazioni emergenti in particolare dagli istituti comprensivi impegnati nell’approfondimento dei temi curricolari (vedi infra punto 2).
Va, infine, ricordato come le norme di attuazione dell’autonomia scolastica, in particolare il Regolamento sul dimensionamento delle unità scolastiche (D.RR. n. 233 dei 18-6-1998), incentivino ampiamente forme di «verticalizzazione» delle unità scolastiche. Gli istituti comprensivi, come già anticipato dalla L. 662/96, diventano tipologie ordinarie di organizzazione del servizio scolastico, con l’unico limite della rispondenza alla effettiva progettualità espressa dal territorio.
Le prime «simulazioni» di ridimensionamento ottimale fanno prevedere una notevole espansione del modello «verticale», rendendo urgente il consolidamento degli elementi di positività riscontrati nelle azioni di monitoraggio.
Inoltre, nei documenti preparatori dell’autonomia scolastica ed organizzativa (bozze e schemi di regolamenti) viene incentivata l’autonoma capacità di ogni unità scolastica di determinare le caratteristiche della propria offerta formativa, improntandola ai principi della flessibilità e dei miglioramento dei servizio. Sarà così possibile costruire un vero e proprio curricolo, componendo variamente le discipline fondamentali, quelle opzionali e quelle elettive (naturalmente secondo soglie di variabilità stabilite a livello nazionale), sperimentando le forme organizzativi più adeguate (moduli, laboratori, classi-ponte, team integrati). Le innovazioni sotto il profilo organizzativo rappresentano l’oggetto specifico di ricerche per molti istituti comprensivi di cui si dirà al punto 3.
L’autonomia implica inoltre una più immediata visibilità dei rapporti con il territorio, nelle sue valenze istituzionali ma anche educativi, in vista di un vero e proprio «patto educativo territoriale». Si tratta di un tema assai caro agli istituti comprensivi, che hanno già positivamente verificato una maggiore capacità di costruire risposte educative flessibili ed adattabili ai bisogni di sviluppo del contesto ambientale. Azioni specifiche in tal senso sono presentate nel successivo punto 4.
Riordino dei cicli, saperi fondamentali, attuazione dell’autonomia rappresentano dunque le tessere fondamentali di un «mosaico» che riguarda il presente ed il futuro di tutti gli istituti comprensivi, ma che coinvolge da vicino gli istituti sperimentali, la loro capacità di fornire risposte, ipotesi e materiali di lavoro alle diverse questioni (istituzionali, organizzativi, pedagogiche) che si sono precedentemente richiamate. La ragione della loro sperimentalità risiede proprio nella possibilità di costituirsi in «laboratorio per l’innovazione», e di mettere alla prova alcune ipotesi di lavoro che riguardano tre aspetti fondamentali della vita degli istituti comprensivi: la strutturazione curricolare, l’organizzazione didattica, l’integrazione scuola-territorio.
Una prima documentazione (Rapporto Intermedio pubblicato nell’aprile 1998) è già disponibile per l’intero sistema degli istituti comprensivi e per le scuole di base comunque interessate.
2. La strutturazione curricolare
L’impianto degli istituti comprensivi presenta alcune coordinate pedagogiche in grado di promuovere, se realizzate concretamente e coniugate con il varo dell’autonomia organizzativa e didattica, forme essenziali di rinnovamento dei sistema scolastico italiano in vista di una migliore qualità dell’istruzione.
Uno dei passaggi cruciali della programmazione curricolare degli istituti comprensivi si fonda sull’idea di comprensività, cioè su un disegno unitario di raccordo tra cicli diversi, comunemente indicato con il termine di «curricolo verticale» per sottolineare l’intento di promuovere una efficace continuità educativa e didattica. I fondamenti di tale continuità risiedono in una concezione del curricolo a carattere integrato, inteso non come insieme delle materie di insegnamento, ma come il complesso dei processi connettivi e dei fattori che rendono possibile l’istruzione: obiettivi formativi e contenuti culturali, metodi e strumenti, relazioni e atteggiamenti, procedure di valutazione, rapporto tra saperi scolastici e saperi informali.
In questa ottica molti progetti degli istituti comprensivi perseguono forme di organizzazione del curricolo finalizzate a incentivare una maggiore libertà progettuale, attraverso letture più dinamiche dei rapporto tra processi di insegnamento e di apprendimento e soprattutto con una concezione dei «contenuti» disciplinari come tramite per lo sviluppo delle competenze degli allievi. Questo sviluppo non va identificato con l’attivazione dei soli aspetti cognitivi, ma anche di quelli affettivi, motivazionali e relazionali che agiscono nella crescita dell’io. L’attenzione a questi ultimi ha sollecitato in numerose esperienze l’apertura delle scuole alle culture territoriali di cui gli allievi sono partecipi,
l’assunzione di simili prospettive porta a riconfigurare il senso e la pratica della metodologia didattica, per integrare fasi di trasmissione/acquisizione dei saperi con fasi che incentivano la ricerca e la sperimentazione (attraverso laboratori, ricerche e situazioni di apprendimento) nelle quali insegnanti e studenti esplorano forme di cooperazione nel progettare e praticare attività didattiche finalizzate a nuove ipotesi di conoscenza.
In questo quadro si tende a rivedere i criteri di valutazione scolastica, per fondarli sull’analisi dei processi che organizzano le conoscenze e i comportamenti, e delle conseguenti produzioni scolastiche, adottando procedure differenziate (prove strutturate, semistrutturate, osservazioni, discussioni in classe, costruzione di un portfolio dell’allievo, ecc.), La valutazione non sarà riferita solo al controllo del profitto degli allievi, ma anche alla funzionalità dell’intero sistema di istruzione.
Negli istituti comprensivi si può dunque esplorare e praticare una delle strade più importanti per dare nuovo significato alla formazione di base, poiché attraverso. i processi di fluidificazione delle attuali rigidità, si approfondisce l’integrazione tra gli aspetti di verticalità, continuità, unitarietà dei curricolo (verticalità) e di rapporto con i contesti extrascolastici (orizzontalità). Il tentativo di integrare queste dimensioni rappresenta uno degli aspetti fondamentali di questo rinnovamento, in quanto stimola ad adottare modelli cooperativi nella progettazione e realizzazione dei lavoro scolastico trasformando l’istituto comprensivo in un ambiente ricco di nuove opportunità e stimoli professionali.
3. L’organizzazione didattica
Nella cultura scolastica, la variabile organizzativa è stata a lungo sottovalutata.
E’ noto come, fin dalla legge 517/77, vi siano buone possibilità di organizzare l’insegnamento nella scuola di base con modalità più flessibili di quelle tradizionali. La gestione dell’orario scolastico e dei gruppi di classe e la distribuzione temporale dei curricolo, sono sempre stati di pertinenza dell’istituto scolastico, e affidate alla responsabilità ed alla programmazione degli organi collegiali, soprattutto dopo i Decreti Delegati del 1974.
L’esperienza degli istituti comprensivi, e in particolare di quelli sperimentali, mostra come modifiche organizzativi, anche apparentemente modeste, possano produrre molteplici effetti positivi.
In primo luogo, la «verticalizzazione» ha permesso esperienze concrete di continuità nella progettazione curricolare e nella gestione operativa dei percorsi Formativi e dei gruppi classe.
In secondo luogo, le esperienze che si stanno effettuando negli istituti comprensivi sperimentali (e in altri lstituti che condividono già un nuovo approccio all’organizzazione della didattica) mostrano che una diversa aggregazione dei gruppi classe (in orizzontale e in verticale, su classi ponte, per gruppi di livello, gruppi di laboratorio, ecc.) impone e facilita una diversa gestione del curricolo e delle procedure di valutazione, oltre che la valorizzazione delle individualità e delle diversità.
In terzo luogo, gli elementi di nuova organizzazione dei lavoro nella scuola sono al tempo stesso causa ed effetto di un modo diverso degli insegnanti di esercitare la propria professionalità: essi cominciano effettivamente, anche se non senza difficoltà, a lavorare in gruppo, a progettare le attività didattiche non solo per ogni singola classe di allievi o per la singola materia o area di insegnamento, ma per gruppi più ampi di allievi e per obiettivi e verifiche transdisciplinari.
Sotto il profilo pedagogico molti istituti comprensivi propongono interventi di recupero delle abilità di base (in particolare nelle classi della scuola media), per realizzare in modo «mirato» le attività didattiche, aggregandole in macro-aree: area linguistica (I e Il lingua), area matematico-scientifica, educazione artistica, educazione ambientale, ecc. spesso secondo una prospettiva verticale.
L’obiettivo prioritario è il contenimento della dispersione attraverso nuove forme di aggregazione degli allievi, modalità flessibili di gestione degli orari, sviluppo dei criteri di valutazione formativa e un’originale produzione di materiali didattici.
Questa organizzazione implica la collaborazione programmata dei docenti, che insegnano a gruppi non strettamente «di classe» ed esplorano aree del curricolo non perfettamente coincidenti con i confini delle abilitazioni e delle «cattedre».
In altri progetti ci si propone di realizzare una organizzazione didattica più efficace ai fini dell’acquisizione, da parte degli allievi, delle capacità di espressione, comprensione e ragionamento, in base all’ipotesi che la scarsa padronanza dei linguaggi sia una causa primaria dell’insuccesso scolastico.
Anche in questo caso ne conseguono scelte organizzativi più flessibili, come ad esempio l’apertura delle classi ponte, l’attivazione di laboratori per attività linguistiche e matematiche, la costituzione di gruppi misti per età, i prestiti professionali tra i docenti.
Le modifiche nell’organizzazione didattica e curricolare richiedono comunque una programmazione integrata degli insegnamenti, una forte collaborazione tra tutti i docenti coinvolti nel progetto e una preliminare preparazione delle famiglie, delle agenzie dei territorio e dei servizi scolastici.
4. L’integrazione tra istituti comprensivi e territorio
I rapporti delle scuole con i soggetti locali dei territorio sono stati il più delle volte occasionali, se non sporadici, in risposta ad urgenze e bisogni specifici, secondo una logica di reazione piuttosto che di progettazione. Ciò è dovuto anche al sovrapporsi di normative non coordinate in materia di ripartizione di responsabilità. e di oneri fra Enti Locali e Stato, ad esempio in materia di reclutamento e di gestione dei personale che opera nelle istituzioni scolastiche a diverso titolo.
Negli ultimi anni molte indicazioni ed esperienze hanno avviato un’inversione di tendenza, nella direzione di una progettazione partecipata che trova negli accordi e nelle intese di programma la formali7zazione di processi articolati di concertazione socio-istituzionale.
L’elemento più significativo dei mutamento in atto è offerto dalla Legge 59/97 e dai suoi regolamenti applicativi che rende gli EE.LL. coprotagonisti delle scelte formative, a partire dal momento dei consolidamento delle istituzioni scolastiche nel territorio.
La costituzione degli istituti comprensivi nelle zone di montagna, prevista proprio sulla base di un accordo di programma, è il primo esempio significativo della ricerca di forme più organiche di integrazione tra scuole e territorio.
l’istituto comprensivo, in quanto rete unitariamente gestita delle scuole di base di un territorio, si trova nella condizione privilegiata di svolgere un’azione formativa nei confronti della società locale, coinvolgendola nella determinazione delle politiche formative.
Tuttavia lo sviluppo dei processi di concertazione locale non è semplice e non si realizza positivamente, se viene lasciato alla spontaneità delle disponibilità, delle relazioni e delle competenze soggettive o se esso viene semplicemente sancito per disposizione di legge e non viene adeguatamente supportato.
Il percorso di ricerca-azione condotto da alcuni istituti comprensivi sperimentali rappresenta un modello procedurale di lavoro finalizzato alla ricostruzione organica dei rapporto scuola- territorio, utilizzabile anche in altri contesti.
Per poter costruire una rappresentazione condivisa della società locale, delle sue dinamiche e della scuola nel contesto, docenti e dirigenti, insieme, hanno operato come veri e propri ricercatori/agenti di sviluppo sociale, seguendo il modello operativo utilizzato dal Consorzio Agenti Sviluppo Territorio (Milano) per l’attivazione della negoziazione e programmazione territoriale per il lavoro. Dopo una prima identificazione e mappatura degli attori sociali significativi (società civile, operatori economici e culturali, istituzioni), docenti e dirigenti li hanno intervistati direttamente e personalmente sulla diagnosi e sulle prospettive di sviluppo sociale dei territorio e sul ruolo della scuola. L’operazione ha permesso non solo di raccogliere elementi utili alla redazione di un rapporto di ricerca, ma anche di intessere relazioni e di affermare una volontà/visibilità della scuola a rappresentare forme di autonomia funzionale, impegnata cioè a costruire e condividere la progettualità locale.
Su questa base risulta possibile integrare nelle progettazioni dell’istituto comprensivo le domande dei territorio razionalizzandole ed uscendo dall’occasionalità di iniziative, proposte o urgenze specifiche.
Le principali linee di integrazione, sulle quali stanno lavorando tavoli di confronto per la progettazione partecipata, che potrà sfociare in accordi di programma o contratti specifici, riguardano:
a) la memoria, ovvero la considerazione e valorizzazione organica dei patrimonio storico-culturale e ambientale dei territori nello sviluppo verticale dei curricolo della scuola di base dalla materna alla media;
b) l’aggregazione sociale, cioè l’organizzazione dei servizio scolastico in rapporto alle altre opportunità formatile e di socializzazione, in modo da offrire e incentivare spazi e tempi non formali di espressione, autorganizzazione e responsabilizzazione dei bambini e dei ragazzi, anche con l’aiuto dei genitori, degli insegnanti e del volontariato (es. animazioni, teatro, musica, ecc.);
c) la prospettiva di sviluppo personale e comunitario, ad esempio con iniziative di incontro tra i ragazzi ed il mondo del lavoro, anche in funzione orientativa e di valorizzazione della cultura dei fare, con il riconoscimento di «crediti formativi» acquisiti nella formazione permanente, con attività «leggere» di educazione degli adulti mediante le attrezzature della scuola (es. tecnologie, lingue ecc.) con la partecipazione a scambi internazionali, ecc.
5. Il sostegno dell’Amministrazione
Anche la vicenda degli istituti comprensivi conferma l’esigenza, ormai diffusa nella comunità nazionale, di disegnare uno Stato «leggero» che sia in grado di soddisfare le richieste dei cittadini in modo più efficace e di svolgere, relativamente ai servizi rivolti alle Persone, funzioni promozionali oltre che gestionali.
In particolare all’Amministrazione scolastica centrale e periferica viene richiesto di assumere funzioni più di supporto che di amministrazione nei confronti delle istituzioni scolastiche cui compete l’esercizio diretto dei servizio «istruzione».
L’Amministrazione scolastica ha garantito all’innovazione rappresentata dagli istituti comprensivi, un continuo sostegno, nella consapevolezza delle difficoltà che comporta la progettazione di un nuovo modello di scuola, sia per gli aspetti riconducibili al suo funzionamento amministrativo-contabile che per quelli connessi con la dirigenza dei medesimi.
L’azione dell’Amministrazione si è sviluppata secondo le, seguenti direttrici:
a) il sostegno costante alla formazione dei personale, in particolare di quello direttivo, sottoposto a forti tensioni sul piano degli impegni e delle competenze richieste, tramite seminari nazionali e interventi nelle varie aree territoriali, previsti sia nel piano nazionale di aggiornamento che nei piani provinciali;
b) la continuità nel monitoraggio assicurata dai Nuclei Operativi Regionali degli Ispettori tecnici, operanti presso le Sovrintendenze Scolastiche Regionali e di Gruppi nazionali di coordinamento;
c) il mantenimento di un atteggiamento di ricerca e di studio, attestato anche dallo sviluppo dei progetto di ricerca-azione «L’Istituto Comprensivo Sperimentale: laboratorio per l’innovazione», rispetto al quale il personale direttamente coinvolto nella nuova esperienza potesse sentirsi non soltanto destinatario ma protagonista della ricerca innovativa;
d) l’attenzione prestata ai problemi di carattere amministrativo richiamati nella C.M. n. 454/97 e affrontati nell’ottica della continuità e della flessibilità, anche attraverso una progressiva responsabilizzazione delle sedi periferiche.
Il complesso delle azioni di sostegno trova ulteriori opportunità in questa fase di avvio dell’autonomia, mediante la possibile attivazione di progetti di sperimentazione ai sensi dei D.M. 251/1998 e della Direttiva 252/1998. A tal fine, l’insieme degli spunti offerti dall’esperienza degli istituti comprensivi sperimentali può rappresentare una risorsa a disposizione dell’intera rete degli istituti comprensivi e delle scuole di base. Gli istituti «sperimentali,, sono infatti oggettivamente dotati di strumenti di maggiore flessibilità e duttilità. Le loro possibili visibilità ed il loro impegno di ricerca li caratterizza come punti di riferimento per 1 l’informazione, lo scambio e la documentazione anche per altri contesti.
Per agevolare i contatti si indicano le scuole che fungono da referenti del progetto:
Articolazione istituzionale Istituto Comprensivo Sperimentale Tel. 039/492171 Fax 039/492171 Vedano al lambro (MI),
Strutturazione curricolare Istituto Comprensivo Sperimentale Tel. 0544/580678 Fax 0544/582942 RUSSI (RA)
Organizzazione didattica Istituto Comprensivo Sperimentale Tel. 0546/81214 Fax 0546/80125 BRISIGHELLA (RA)